Insisto su quanto già scritto: è un negoziato lungo, vedremo alla fine. Tuttavia a oggi cinque elementi sono chiari:
- Conte e Gualtieri stanno negoziando bene, perché l’Italia potrebbe avere più di quanto si poteva sperare un mese fa. Il gioco delle parti tra posizione italiana, proposta franco-tedesca, rilancio della Commissione, finora mette in difficoltà i paesi “frugali”.
- La proposta della Commissione è molto valida, con un Fondo di 500 miliardi a fondo perduto e 250 di prestiti a tasso molto basso, di cui 172 per l’Italia, a fronte dei 38 per la Francia e 28 per la Germania. Ci sono poi i 37 miliardi per l’Italia per il MES a favore della sanità, con una condizionalità limitata e peraltro utile e a tassi quasi inesistenti; e i fondi già stanziati SURE come assicurazione contro la disoccupazione. Si vedrà alla fine il totale, ma al suono di un “festina lente”, siamo su cifre da vera svolta, ben oltre i 1.000 miliardi. Non solo: come richiesto dal Parlamento, la Commissione ha predisposto un aumento delle risorse proprie tramite una “carbon border tax” sui prodotti inquinanti dei paesi extra-Ue e una “digital tax” per i giganti del web finora in regime di bengodi fiscale europeo, cosa che non mancherà di creare una frizione con l’amministrazione Trump.
- Occorre sempre ragionare sulle condizioni, che sono comunque positive: investimenti e riforme in linea con le priorità di sviluppo europee (Green Deal e agenda digitale) per i trasferimenti a fondo perduto, praticamente nessuna per gli stanziamenti del Fondo sotto forma di prestiti, spese per la sanità per il MES.
- Questi notevoli sforzi europei serviranno a poco se l’Italia, governo ma anche regioni, non predispongono un piano di spesa realistico, una indispensabile ed energica semplificazione burocratica, e una serie di riforme per contrastare evasione, corruzione, sprechi. In proposito, l’azione del governo è finora inconsistente, e anche le regioni hanno le loro responsabilità. Ricordiamo che a tutt’oggi l’Italia deve ancora impegnare ben 38 miliardi di fondi europei in scadenza a fine 2020. La Commissione permette oggi una flessibilità assai maggiore per il loro utilizzo, e anche fondi strutturali aggiuntivi per il post-covid, ma sono prioritarie una strategia complessiva e una politica di programmazione – proprio nel senso lamalfiano – per il buon utilizzo delle risorse europee (che se ben impiegate possono creare un effetto leva su ulteriori e anche maggiori investimenti privati) e sui prestiti della BEI.
- Se l’Europa è chiamata a una svolta, lo è anche la classe politica italiana, che potrebbe lavorare nell’ottica di un consenso nazionale per le riforme e per la ripresa. È quanto potrebbe giustificare un esecutivo di larghe intese affidato a Draghi. Ma fin qui abbiamo assistito a comportamenti di voti irresponsabili della Lega e di FdI e in parte anche di Forza Italia. L’UE sta dimostrando di saper ignorare questi politici che scommettono, in modo del tutto antipatriottico, sulle per altro ben note contraddizioni del progetto europeo e che si oppongono perfino a quelle risorse che solo l’UE può offrire a un paese indebitato come il nostro. È una scommessa che si sta rivelando sbagliata, e che a prescindere dal suo esito è comunque contraria agli interessi dell’Italia. Le prossime settimane saranno decisive ed è auspicabile una maggiore concordia, almeno su come comportarsi nelle sedi europee.